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I GIORNALI/SITI CHE PARLANO DI NOI


DICONO DI NOI

Per definire meglio cos’è l’Associazione è utile ricorrere alle parole che il Prof. Andrea Canevaro (fra i primi sostenitori della nascita del G.G.F.C.H.) ha espresso per essa in occasione del ventennale dell’associazione:
“Le parole handicap e deficit possono essere interpretate in molti modi.
Sicuramente vi sono due versanti, uno strettamente tecnico che rischia il tecnicismo e l’altro emotivo, che rischia il pietismo, il coinvolgimento può essere spinto vicino al punto di vivere una oblatività totale nei confronti di chi è handicappato o handicappata. E dall’altra parte la possibilità di avere delle tecniche può spingersi al punto da trasformare il rapporto interpersonale in una oggettivazione, trasformare l’altro in un oggetto.
Quando un paese, una cittadina si organizza attorno a queste parole, handicap e deficit, tenta, a volte con fatica, di uscire da questi equivoci e di trovare una strada che permetta di collegare gli elementi tecnici e scientifici con gli elementi sociali, di partecipazione. La prospettiva dell’integrazione non può promettere di cancellare le sofferenze, di cancellare la fatica, di cancellare i deficit. La prospettiva dell’integrazione deve dare senso alle sofferenze, alle fatiche, ai deficit. E il dare senso è legato alla partecipazione.
È per questo che la storia di venti anni di un gruppo a Soliera si inscrive in una prospettiva più vasta e ha l’ambizione di non essere una storia esemplare. Sembra paradossale, ma l’ambizione maggiore di questo gruppo e della storia di un gruppo aperto come è quello che ha raccontato questi venti anni a Soliera, è quella di non avere una solitudine, ma di avere degli elementi da condividere. Lo sforzo di questi anni è stato sempre quello di trovare collegamenti, di uscire dalla solitudine, di scoprire che l’altro non è solo il vicino fisico ma è anche una persona o un altro gruppo che sta in tutt’altra parte dell’Italia o del Mondo, di sentire e di costruire la visibilità di una rete invisibile. È paradossale dire che la maggiore ambizione di venti anni della vita di un gruppo è quello di non presentare la propria esperienza come un’esperienza solitaria ed esemplare, ma di offrirla proprio come un contributo che permetta di scoprire che tanti altri stanno facendo un percorso forse analogo.
In questa vicenda la sottolineatura che credo di dovere mettere è nella capacità di confrontarsi con le difficoltà. Vale la pena essere chiari e ripetere che un gruppo come quello di Soliera non cancella le difficoltà, non promette questo, ma promette e si impegna nel saperle affrontare. In un momento della storia, non solo del nostro paese ma forse dell’Europa e della parte del mondo in cui siamo collocati, che sembra dominata da una logica utilitaristica, aziendalistica, economicistica, la comprensione della storia del gruppo di Soliera può essere anche letta in chiave economica. Altri potrebbero fare meglio di me. Suggerisco alle persone competenti di economia di guardare a queste, apparentemente, microstorie come un contributo importante per l’economia. E se un gruppo attivo in venti anni ha consentito a persone disabili di non essere istituzionalizzate, bisogna saper leggere in questo anche un conto economico che la società deve in qualche modo riconoscere con gratitudine. Non per disimpegnarsi, ma per impegnarsi maggiormente.
L’attivazione delle persone per dei traguardi tangibili è importante, e per questo è stato importante nella storia del Gruppo di Soliera affrontare i problemi molto pratici dei trasporti, delle barriere architettoniche. Questo però non può far trascurare una dimensione simbolica: la presenza di un Gruppo può avere anche la capacità di contenimento del dolore e delle ansie, può permettere a chi sente il peso di qualcosa che si chiama deficit di scoprire che vi è una dignità e una possibilità di incontrare anche la serenità, di incontrare anche una dimensione di comunicazione con gli altri, e quindi di sollievo, di portare pesi insieme. E di scoprire che le immagini troppo afflitte non sono coincidenti con i disabili. Vi sono anche possibilità di vivere da disabili una dimensione propositiva, positiva; di essere a volte dei rompiscatole, ma anche capaci di evitare, e il Gruppo in questo senso è stato un’abile scuola e una grande palestra, il protagonismo eccessivo. La presenza civile di un gruppo può permettere di evitare di proporsi sempre da protagonisti.
E nel gruppo ci sono state anche vicende importanti, piccole e grandi. Importanti come la possibilità di scoprire che qualcuno poteva diventare leader, pur avendo tutte le caratteristiche, si direbbe anche i pre- requisiti, per essere invece un bisognoso di aiuto da parte degli altri. Scoprire quindi che chi aveva un bisogno era anche una risorsa, questo è molto importante, va sottolineato. Scoprire che l’esperto, su un tema come quello della disabilità, può essere chi è disabile. E queste non sono proposte come esperienze esemplari, ancora una volta va ripetuto, ma come esperienze possibili, ripetibili, presenti nel mondo e non rari esempi di perfezione miracolistica o di eccezionale bravura di qualcuno. È possibile, si fa, e Soliera mettendo a disposizione venti anni di lavoro, aiuta a capire che SI PUÓ”
E con questo SI PUÓ il Gruppo Genitori Figli con Handicap continua a lavorare.